In treno
Oggi, dopo quasi due mesi, ho ripreso il treno. Mi mancava; dopo aver percorso la tratta Firenze-Roma ogni settimana per quasi 4 mesi, ho avuto piacere a ritrovare tutti i momenti del mio rituale ed anche tutta quella famiglia di pensieri.
Eh sì, perché il viaggio in treno non è cosa banale, si porta dietro tutto un mondo, è una filosofia di vita e sicuramente un lusso insperato in questi tempi così frenetici. Quando arrivo in stazione di fatto entro in una bolla temporale che si inserisce fra tutto quello che ho fatto fino ad allora (valigia, corsa per non perdere il treno, ecc.) e quanto sto andando a fare a destino (lavoro, piacere, studio). Il treno è zona franca e, nonostante il wifi ci raggiunga ovunque in maniera efficientissima, è uno di quei rari momenti che ci sono rimasti in cui non possiamo far altro che farci portare, senza argomentare, parlare, pianificare, correre, ecc. Certo, poi si è liberi di lavorare al pc, preparare business plan, inviare e leggere mail, ma è una scelta, non un obbligo. Anche parlare al telefono (la totale reperibilità è la conquista del secolo) diventa quasi un fastidio per noi e per gli altri: addirittura la gentile voce registrata di Trenitalia invita ad abbassare le suonerie dei cellulari e ad usare un tono di voce contenuto e rispettoso.
Non ti restano che attività ormai considerate obsolete: riflettere, guardare il paesaggio, ascoltare musica senza fare aerobica, osservare i compagni di viaggio, intavolare conversazioni con perfetti sconosciuti nella certezza di poter essere se stessi con chi non rivedremo presumibilmente mai. Personalmente ho riscoperto il piacere di una attività che mio padre mi proponeva durante i viaggi in auto per le ferie estive: osservare dal finestrino, anche se l’alta velocità e le sue gallerie stanno rendendolo sempre più difficile. Sembra una sciocchezza, ma si distinguono i colori della Toscana dalle campagne laziali, si vedono paesini pittoreschi arroccati sulle colline (sicuramente hanno una storia ben più lunga della nostra!) ed ogni tanto si scorgono persone che lavorano nei campi. Tutte piccolezze per carità, ma piacevoli.
Oggi, la carrozza sulla quale son salita era mezza vuota. Un po’ mi è spiaciuto, perché osservare le persone è l’altra mia grande passione. Si può provare ad indovinarne il lavoro, gli interessi, il privato, creare anche storie per i più temerari. Effettivamente, una cosa che ho imparato viaggiando in treno, è che tutto parla di noi, della nostra vita e del nostro modo di essere. Certo, per chi sa osservare. Oggetti come iPad, iPhone & Co. ormai non dicono molto, perché sono strumenti che tutti più o meno riteniamo di dover avere. Persone che non li possiedono (o al limite li ignorano durante il viaggio) diventano le mosche bianche, che qualche segreto sicuramente nascondono. Un ottimo elemento rivelatore sono le letture che uno porta con sé e soprattutto quanto ci si dedica. Personalmente amo quelle ore dedicate ai libri (rigorosamente di carta, perché si deve sentire l’odore di stampa e magari vagamente di muffetta!). Sì perché non sono 3/4 pagine rubate al sonno della sera o all’attesa dal parrucchiere, diventano interi capitoli che si possono gustare senza senso di colpa, in quel tempo inutilizzato che è il viaggio in treno. Ci sono libri che ho scoperto copiando le letture di viaggiatori che sentivo affini, magari leggendo qualche riga sopra la loro spalla.
Oggi non avevo voglia di leggere, volevo annusare l’aria. E quindi mi son messa ad ascoltare musica guardandomi in giro. Avevo di fronte un signore molto distinto che sono certa fosse un professore o roba del genere. Sui 65 anni, capelli bianchi, pochi e tutti sgaruffati, occhiali da intellettuale, sguardo misurato ed attento. Si è seduto e con grande metodo ha aperto uno zaino tirando fuori nell’ordine: una penna, una cartellina piena di fogli dattiloscritti, un quadernino tutto rovinato con una copertina di carta bianca, ancor più sgualcita. Lo ha aperto e sembrava il taccuino del padre di Indiana Jones nel film “Indiana Jones e l’ultima crociata”! Pieno di appunti scritti con una grafia piccola ed appuntita, con note ai margini; alcune pagine erano strappate, altre corredate di piccoli post it.
Con metodo ha tirato fuori dalla cartellina una serie di fogli, pinzati a gruppi di due; mi sono fatta l’idea che fossero tesine, relazioni o documenti del genere. Leggeva muovendo le labbra silenziosamente, andava avanti veloce e poi tornava indietro, poi prendeva la sua penna e segnava qualcosa a margine. Arrivato in fondo a ciascun documento, lo sfogliava di nuovo sommariamente, si grattava il mento e scriveva un paio di frasi sopra l’intestazione della prima pagina. “Appronfodire il tema di… (non leggevo bene a rovescio!)”, “Inserire la citazione di … (altra mia lacuna!)”, ecc. ecc..
Ad un certo punto gli è squillato il cellulare, un suono abbastanza discreto che gli calzava a pennello; ha sollevato lo sguardo verso di me scusandosi con la mimica labiale ed ha risposto subito per evitare l’imbarazzo di un terzo squillo. Una voce più giovane della sua età, una gentilezza d’altri tempi nella compostezza del timbro senza accento ed una vivacità giovanile nello sguardo quando riattaccando mi ha detto: “A quest’ora tutti i venerdì sono in treno, ma i miei ragazzi sanno che possono trovarmi sempre”. Avrei potuto chiedere chi erano i suoi ragazzi e cosa facesse nella vita, ma ormai mi ero costruita il mio film e non volevo cambiarlo. Tanto quella che era l’essenza mi era stata confermata dal suo tono e dai suoi modi: perché togliere magia a certi incontri?!?
Andate gente! Approfittate della giungla selvaggia di tariffe scontate che si trovano e visitate la nostra bella Italia in treno; c’è una poesia di Constantino Kavafis intitolata Itaca che inizia proprio così: “Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze….”. L’importante è tenere gli occhi ed il cuore aperti!